Quando la piccola Janie Rose Pike muore, a sei anni, per un banale incidente, il microcosmo della lunga casa trifamiliare dal tetto di latta che ospita la sua famiglia, le signorine Potter e i due fratelli Green sembra scombussolato per sempre. Il dolore di ciascuno e il senso di impotenza di fronte alla sofferenza degli altri alterano gli equilibri, riportano a galla vecchie ferite, mettono a nudo paralisi emotive ormai croniche. Ma Simon, il fratello maggiore di Janie Rose, è solo un bambino: ha bisogno di attenzioni, di qualcuno che giochi con lui e lo aiuti a ricordare, a integrare in quel presente desolato gli oggetti, i frammenti di memoria legati alla sorella che – per quanto strano e innaturale – le sopravvivono, si riaffacciano immancabilmente proprio quando, per un momento, si era riusciti a non pensarci. Un particolare rimasto intrappolato per sbaglio in una fotografia, un francobollo italiano, delle lattine appese a un albero spelacchiato che tintinnano al vento…
Ed è proprio l’ostinato istinto vitale di Simon, la sua determinazione a cercare una via di fuga, a scuotere gli adulti dal proprio dolore, a ricordare loro che "l’aspetto più coraggioso degli uomini" è che "continuano a voler bene alle creature mortali anche dopo avere scoperto che esiste la morte", e a riunirli in un inatteso festeggiamento corale, tenero e solenne.
L’albero delle lattine | Anne Tyler | Traduttore L. Pignatti | Guanda , collana Narratori della Fenice | 2010 | 262 p. | euro 16,00