Il New England Journal of Medicine consacra il successo nella terapia orale per l’epatite C
— Presso l’Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo é stata sperimentata una nuova molecola efficace sul virus dell’Epatite C.
Il New England Journal of Medicine ne ha consacrato il successo terapeutico.
La sperimentazione é stata condotta presso l’Epatologia dell’Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo dalla dottoressa Alessandra Mangia e dal suo gruppo.
L’articolo pubblicato oggi dalla più prestigiosa rivista medica internazionale dimostra l’efficacia della terapia senza interferone nei pazienti con epatite cronica da HCV.
L’Epatologia di San Giovanni Rotondo ha partecipato come unico centro italiano e fra i 3 in Europa allo studio iniziato lo scorso anno e durato 6 mesi. Il farmaco sperimentato nello studio, di nome sofosbuvir, è un inibitore della polimerasi, un’enzima dell’HCV essenziale per la replicazione del virus. Il sofosbuvir appartiene alla classe degli inibitori diretti del virus HCV, somministrato per uso orale è capace di ottenere, in combinazione con la sola ribavirina, la guarigione dal virus in percentuali simili a quelle ottenute con la combinazione di interferone peghilato e ribavirina.
Lo studio dimostra che nei pazienti con genotipo 2 le risposte sono più elevate che nei genotipi 3. La presenza di cirrosi si associa ad una modesta riduzione della risposta.
Nei pazienti con genotipo 1, 4 e 6, il sofosbuvir in combinazione con PegIFN e Ribavirina per solo un mese ha portato ad altissime percentuali di successo. Il farmaco dovrà essere registrato presso l’ente regolatorio americano, FDA e a quello europeo EMA. Si spera che queste procedure si possano concludere nel 2014 portando quindi alla rimborsabilità.
Intanto, l’Unità di Epatologia di San Giovanni Rotondo sta sperimentando lo stesso farmaco in combinazione con un’altra molecola, senza interferone, anche nei pazienti di genotipo 1.
Gli inibitori diretti del virus HCV sono i farmaci su cui la ricerca internazionale punta nei centri di eccellenza nel mondo. Siamo nel mezzo di una vera rivoluzione che porterà nell’arco di 5 anni alla possibile eradicazione del virus nella maggioranza dei pazienti infetti. Nell’arco di un decennio ci si aspetta pertanto un calo progressivo di cirrosi, cancro del fegato e numero di pazienti che effettuano un trapianto con conseguente riduzione della morbilità e della mortalità correlate al virus dell’epatite C.
Nella foto: l’equipe medica
Articolo pubblicato mercoledì 24 aprile 2013 alle ore 17.44